L’alanina:gliossilato aminotransferasi epatica perossisomale (AGT) e la Dopa decarbossilasi (DDC) sono due enzimi dipendenti dal piridossal 5’-fosfato coinvolti in patologie dell’uomo. Il presente progetto riguarda lo studio di tali patologie e lo sviluppo di trattamenti terapeutici innovativi diretti alle cause delle malattie mediante analisi di tipo bioinformatico, biochimico e di biologia cellulare.
La carenza di AGT causa Iperossaluria Primaria di tipo I (PH1), una malattia autosomica recessiva riguardante il metabolismo del gliossilato. L’AGT catalizza la transaminazione del gliossilato in glicina e, in sua assenza, il gliossilato viene ossidato ad ossalato. Il conseguente aumento nella sintesi e nell’escrezione di ossalato provoca la deposizione di cristalli insolubili di ossalato di calcio dapprima nei reni e nel tratto urinario, e poi in tutto il corpo. Finora sono state identificate più di 150 mutazioni patogeniche nel gene AGXT che codifica per l’AGT. Sebbene il fenotipo clinico sia simile per tutte le mutazioni, i fenotipi enzimatici sono eterogenei in quanto possono mostrare perdita di attività catalitica, o instabilità e suscettibilità alla degradazione, o ancora un difetto di localizzazione. Gli approcci terapeutici disponibili a tutt’oggi per la PH1, terapia con piridossina e trapianto di fegato, sono problematici in quanto la prima è efficace solo in una minoranza di pazienti mentre il secondo è una procedura piuttosto invasiva. I nostri recenti studi biochimici e bioinformatici su varianti patogeniche dell’AGT hanno permesso di identificare il difetto molecolare di ciascuna variante, di correlarne le proprietà con le caratteristiche della malattia, e di proporre nuove strategie di trattamento. Sulla base di questi risultati, pensiamo di applicare un simile approccio ad altre mutazioni (fra le quali le più frequenti, quelle identificate di recente e quelle di cui non sia noto il fenotipo enzimatico) e di analizzarne anche gli effetti “in vivo” mediante studi di biologia cellulare. Nel caso di mutazioni che risultino avere un effetto sul ripiegamento e/o la dimerizzazione dell’AGT e che non ne influenzino la catalisi, svilupperemo una “enzyme-enhancement therapy”. Con analisi di tipo bioinformatico, identificheremo molecole capaci di agire da “chaperones” farmacologici, delle quali saggeremo la capacità di migliorare l’efficienza di ripiegamento delle varianti patogeniche di AGT “in vitro” e “in vivo”. Nel complesso, tale studio migliorerà la gestione dei pazienti affetti da PH1 perché permetterà di proporre un approccio terapeutico adattato sulla base dell’effetto di ciascuna mutazione a livello molecolare.
La DDC è coinvolta nel morbo di Parkinson (PD), una malattia neurodegenerativa causata dalla progressiva degenerazione delle cellule che producono dopamina nella substantia nigra del cervello. Tale enzima, un’α-decarbossilasi che catalizza la conversione di L-aminoacidi aromatici nelle corrispondenti ammine, svolge un ruolo fondamentale nella biosintesi della dopamina. Il trattamento comunemente usato per il PD è la somministrazione di L-Dopa in combinazione con un inibitore della DDC (carbidopa o benserazide, due analoghi di substrato che presentano un gruppo idrazinico sostituito) incapace di attraversare la barriera emato-encefalica. Ciò fa sì che venga inibita la DDC periferica e permette che una maggior quantità di L-Dopa raggiunga il cervello. Tuttavia, gli inibitori utilizzati sono irreversibili e non sono selettivi per la DDC. L’obiettivo del nostro studio è di progettare inibitori competitivi della DDC altamente selettivi e che non attraversino la barriera emato-encefalica. Fino ad oggi, mediante uno screening virtuale abbiamo selezionato 26 molecole ed abbiamo clonato, espresso in E.coli e purificato la DDC umana. Analizzeremo “in vitro” l’attività inibitoria e l’affinità di legame delle molecole selezionate. I risultati ottenuti saranno usati in uno screening virtuale di seconda generazione allo scopo di identificare composti dotati di maggiore affinità e specificità per la DDC.
La DDC è anche coinvolta in una patologia neurometabolica di origine genetica causata dalla carenza dell’enzima. Sono stati riportati più di 20 casi di carenza di DDC e sono state identificate diverse mutazioni patogeniche, anche se i corrispondenti fenotipi enzimatici non sono noti. Gli studi condotti finora si limitano alla descrizione di criteri diagnostici, del fenotipo clinico e delle terapie. Farmaci quali piridossina, agonisti della dopamina, inibitori della monoamina ossidasi, anticolinergici, ecc., sono somministrati in combinazione, ma la risposta è variabile e non soddisfacente. E’ nostra intenzione caratterizzare dal punto di vista biochimico varianti patogeniche della DDC responsabili della carenza di enzima allo scopo di identificarne il difetto molecolare. Ciò permetterà di migliorare l’esito clinico ed eviterà l’uso di strategie di trattamento inutili dal punto di vista biochimico.