Implicazione della dopa decarbossilasi umana, della alanina: gliossilato aminotransferasi epatica perossisomale umana e della cistalisina da "Treponema denticola" nella salute dell'uomo: un approccio molecolare

Data inizio
22 settembre 2008
Durata (mesi) 
24
Responsabili (o referenti locali)
Bianconi Silvia , Cellini Barbara , Lorenzetto Antonio , Montioli Riccardo , Oppici Elisa , Voltattorni Carla

La Dopa decarbossilasi umana (DDC), l’alanina:gliossilato aminotrasferasi perossisomale da fegato umano (AGT) e la cistalisina da “Treponema denticola”, enzimi che appartengono all’avvolgimento di tipo I degli enzimi dipendenti dal piridossale 5’-fosfato (PLP), sono coinvolti in malattie dell’uomo. La principale attività catalitica della DDC è la decarbossilazione della L-Dopa e del L-5-idrossitriptofano con la formazione dei neurotrasmettitori, rispettivamente, dopamina e serotonina. E’ ormai pienamente riconosciuto il ruolo della DDC nella malattia di Parkinson, dovuta essenzialmente alla progressiva perdita delle cellule che producono dopamina nel mesencefalo. Uno dei più efficaci trattamenti terapeutici della malattia di Parkinson consiste nella somministrazione di routine, in combinazione con la L-Dopa, di un inibitore (carbidopa o benserazide, entrambi analoghi strutturali del substrato dotati di una funzione idrazinica) che non è in grado di attraversare la barriera ematoencefalica. Questo trattamento terapeutico che consente l’inibizione della DDC periferica permette che una significativa quantità di L-Dopa raggiunga il sistema nervoso centrale. Tuttavia, poiché i derivati idrazinici possono reagire con il PLP libero e con tutti gli enzimi dipendenti dal PLP, sia la carbidopa che la benserazide non sono specifici per la DDC. La DDC è anche coinvolta in altre malattie neurologiche, come dimostrato dalla scoperta che pazienti con mutazioni puntiformi a carico della DDC presentano seri sintomi neurologici associati a carenza di DDC.
L’AGT catalizza la reazione di transaminazione che converte il gliossilato in glicina. La carenza di AGT nel perossisoma del fegato determina la iperossaluria primaria di tipo 1 (PH1), una malattia autosomica che impedisce il catabolismo del gliossilato. In carenza di AGT, il gliossilato, anziché essere trasformato in glicina, è convertito in glicolato e successivamente ad ossalato. Ne consegue che l’eccesso di ossalato di calcio insolubile si deposita cronicamente nei reni e nel tratto urinario. Sono state identificate più di 50 varianti patogeniche dell’AGT caratterizzate o da una diminuita attività catalitica, o da una inibizione della dimerizzazione dell’enzima, o da fenomeni di aggregazione e rapida degradazione o da un difetto nel legame del coenzima o, ancora, da un difettoso importo dell’enzima nel perossisoma. La causa molecolare di questi effetti è al momento sconosciuta e ciò spiega perché i trattamenti classici della PH1 sono rivolti agli aspetti distali della malattia, cioè i sintomi, piuttosto che le cause.
La cistalisina, una emolisina prodotta dal patogeno orale “Treponema denticola”, implicata nella eziologia della periodontite adulta, catalizza l’alfa,beta-eliminazione della L-cisteina a piruvato, ammoniaca e acido sulfidrico. L’effetto patogenico di questo enzima è dovuto alla citotossicità dell’acido sulfidrico.
Lo scopo del presente progetto di ricerca consiste nell’acquisire una comprensione molecolare delle patologie in cui DDC, AGT e cistalisina sono implicate. Questo obiettivo sarà perseguito mediante i seguenti approcci: 1) esprimeremo e purificheremo, mediate tecniche di biologia molecolare e metodi cromatografici, varianti patogeniche della DDC e dell’AGT e ne caratterizzeremo le proprietà strutturali e funzionali. E’ auspicabile che il confronto di tali proprietà con le corrispondenti delle forme normali della DDC e dell’AGT permetta di individuare gli effetti che le mutazioni naturali esercitano sulla integrità strutturale e/o funzionale degli enzimi. Sarà cosi possibile definire una migliore correlazione tra genotipi ed fenotipi enzimatici. Una volta identificato il difetto molecolare, dovrebbe essere possibile progettare in modo mirato molecole che possano mitigare o neutralizzare gli effetti di tali mutazioni; 2) cercheremo nuovi e più efficaci inibitori della DDC umana e della cistalisina da “T. denticola”, possibilmente idonei come farmaci. Per questo scopo, utilizzeremo non solo l’approccio tradizionale teso al disegno di inibitori che si legano al sito attivo, ma anche un nuovo approccio basato sulla identificazione di bersagli alternativi importanti per l’attività catalitica di questi enzimi. Tali bersagli potranno essere così identificati: 1) nella DDC umana studiando la sua interazione con una proteina di 25 kDa recentemente identificata nel siero umano e capace di inibire l’attività decarbossilasica; 2) nella cistalisina analizzando l’interazione monomero-monomero con lo scopo di identificare residui presenti all’interfaccia essenziali per la formazione della forma dimerica attiva dell’enzima. Questi studi sulla interazione proteina-proteina potrebbero mettere in luce la possibilità di nuove strategie per sviluppare inibitori della DDC o della cistalisina mirando a residui aminocidici implicati nella loro attività catalitica ma non necessariamente localizzati al sito attivo.

Enti finanziatori:

MIUR - PRIN
Finanziamento: assegnato e gestito dal Dipartimento
Programma: PRIN

Partecipanti al progetto

Silvia Bianconi
Tecnico-Amministrativo
Barbara Cellini
Antonio Lorenzetto
Riccardo Montioli
Professore associato
Elisa Oppici
Carla Voltattorni
Professore emerito

Attività

Strutture

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